Il Salento e il Buen ritiro: casi di narrative tossiche
CulturaCrea e Narrativa distrugge!
C’è una narrativa tossica che da anni aleggia sul Salento: quella del “Buen Ritiro”. Una visione idilliaca e patinata che presenta il territorio come un’oasi di relax, dove non si fa altro che crogiolarsi sotto il sole, gustare cibi tradizionali e abbandonarsi alla dolcezza di una vita senza stress. Una rappresentazione, diciamolo chiaramente, che stride con la realtà di chi qui lavora, produce e lotta quotidianamente per costruire qualcosa di duraturo. È una narrazione che, lungi dall’esaltare le potenzialità del territorio, finisce per sminuirlo, riducendolo a un palcoscenico per aperitivi al tramonto e villeggiature di lusso. Ed è proprio questa immagine distorta che contribuisce, in modo subdolo e pericoloso, a frenare lo sviluppo economico e a spingere i giovani a cercare altrove prospettive di vita e carriera.
La narrativa del “Buen Ritiro”: una trappola per il territorio
Il Salento come “Buen Ritiro” è il sogno proibito di una certa élite radical-chic, pronta a venire qui per “staccare la spina” senza mai interrogarsi sul tessuto economico e sociale che sostiene il territorio. Per loro, il Salento è poco più di uno scenario perfetto per Instagram: spiagge dorate, ulivi secolari, masserie ristrutturate e qualche piatto di orecchiette da immortalare prima di tornare alla loro vita “seria” nelle grandi città. Ma cosa lascia questa narrativa al territorio? Nient’altro che un’immagine di staticità e vacanza perpetua, un’immagine che tradisce il dinamismo e la creatività di chi qui vive e lavora.
Questa rappresentazione stereotipata non solo non valorizza il lavoro delle imprese locali, ma cancella letteralmente il ruolo di chi produce, innova e investe. Il Salento non è fatto solo di spiagge e sagre; è un territorio in cui operano aziende, artigiani, professionisti e start-up. Eppure, questa realtà è invisibile nella narrativa dominante. Nessuno parla di chi fatica a trovare personale qualificato, di chi cerca di creare occupazione e di costruire opportunità per le nuove generazioni. Perché? Perché parlare di lavoro e di impresa rompe l’incantesimo del “Buen Ritiro”. E questo, evidentemente, non fa comodo a chi preferisce una cartolina statica e rassicurante.
Giovani in fuga dal buen ritiro!
L’effetto più devastante di questa narrativa è visibile nei giovani. Crescere in un territorio dipinto come una “terra di vacanza” significa interiorizzare l’idea che qui non ci sia spazio per ambizioni professionali. La prospettiva sembra ridursi a poche opzioni: fare i camerieri, i bagnini o gli affittacamere. Non c’è narrativa che parli di opportunità nelle imprese locali, di competenze richieste, di innovazione. Non sorprende che molti giovani non si pongano neanche la domanda su quali settori produttivi esistano nel Salento. L’emigrazione diventa, così, non una scelta, ma una fuga necessaria da un territorio che sembra non offrire futuro.
Eppure, la realtà è diversa. Esistono imprese che cercano personale qualificato e non lo trovano, che vorrebbero crescere ma non riescono a reperire le competenze necessarie. Questa è una sconfitta non solo per le imprese, ma per l’intero territorio, che si ritrova impoverito di risorse umane preziose. Chi è responsabile di questa situazione? Una politica miope, che per anni ha costruito una monocultura del turismo e della ristorazione, ignorando la diversificazione economica e le potenzialità del territorio. Il mantra di “lu sule, lu mare, lu ientu” ha fatto il suo tempo: se vogliamo costruire un futuro per il Salento, dobbiamo abbandonare questa narrazione pigra e abbracciare una visione culturale degna di questo nome
L’urgenza di una nuova narrativa
Il Salento ha bisogno di altre narrative, che diano visibilità alle sue imprese, alle sue competenze e alle sue potenzialità. Una narrativa che valorizzi non solo la bellezza del territorio, ma anche la creatività, l’ingegno e l’operosità della sua gente. Non si tratta di rinnegare la vocazione turistica del Salento, ma di integrarla in un progetto più ampio che dia spazio a tutti i settori produttivi.
Raccontare il Salento come un luogo di lavoro, innovazione e opportunità non è solo un dovere morale, ma una necessità strategica. È ora di smettere di trattare questo territorio come una cartolina per turisti e iniziare a vederlo per quello che è: una terra viva, capace di attrarre non solo turisti, ma anche investimenti, talenti e idee. I giovani non devono più essere costretti a scegliere tra il restare e accontentarsi o l’andare via per cercare un futuro. Devono poter restare e crescere, in un Salento che non sia solo un “Buen Ritiro”, ma una “Fucina” di opportunità.
La sfida è aperta, ed è una sfida culturale prima ancora che economica. Se vogliamo che il Salento smetta di essere visto come un luogo dove “non si fa niente”, dobbiamo cominciare a raccontare tutto ciò che qui si fa, ogni giorno, con fatica e passione. E dobbiamo raccontarlo bene, perché i giovani che oggi partono potrebbero essere quelli che domani cambieranno il volto di questo territorio, a patto che smettano di vedere il Salento come un luogo dove si viene solo per rilassarsi e comincino a vederlo come un posto dove vivere e progettare il futuro.