Cultura, Popoli e Leadership: chi comanda ?

La leadership di una nazione, di un territorio, non è una semplice conseguenza delle capacità personali di un leader o del potere economico di uno Stato, ma affonda le sue radici nella cultura del popolo che lo esprime. Come osserva Dario Fabbri, noto analista geopolitico, ogni forma di governo, anche la più tirannica, trae legittimità dalla cultura e dall’identità collettiva del popolo che rappresenta. La cultura, intesa come l’insieme di valori, tradizioni, narrazioni e prospettive condivise, è il vero motore che definisce non solo l’identità di un popolo, ma anche le modalità con cui quel popolo si relaziona al mondo e costruisce il proprio destino.

 Cultura e forme di governo

Le forme di governo non sono mai imposte dall’alto senza un consenso, esplicito o implicito, di una parte significativa della popolazione. Anche nei regimi tirannici, il sostegno di gruppi sociali che vedono nella figura del tiranno un riflesso delle proprie aspirazioni o paure garantisce la stabilità del sistema. Ciò implica che non esiste una forma di governo “universale” o intrinsecamente superiore. La democrazia, spesso considerata il modello ideale, non è necessariamente il sistema desiderato da tutti i popoli in ogni momento storico.

Fabbri sfida l’idea eurocentrica di progresso politico, che interpreta la storia delle nazioni come una marcia inesorabile verso la democrazia. La leadership e le istituzioni, invece, riflettono i valori e le tensioni culturali di una comunità. Quando questi valori cambiano, il sistema di governo può evolversi o crollare, ma sempre come risultato di dinamiche interne legate all’identità collettiva.

Imperi, clientes e cultura strategica

Dario Fabbri introduce una distinzione fondamentale tra imperi e colonie, o meglio tra potenze sovrane e “clientes”. Gli imperi, come gli Stati Uniti o la Cina, basano la loro supremazia non su meri fattori economici, ma su una profonda cultura strategica, sulla capacità di costruire visioni di lungo periodo e sull’attitudine a plasmare il mondo secondo le proprie priorità culturali. Le colonie o clientes, come gran parte dell’Europa e, secondo Fabbri, anche l’Italia, vivono invece di economia. La loro esistenza è legata a una prospettiva a breve termine, dominata da interessi materiali e dalla dipendenza da potenze più grandi.

Gli imperi sono architetti del futuro, capaci di definire la direzione del sistema internazionale. I clientes, invece, si limitano a seguire le regole stabilite dagli imperi, accettando una posizione subordinata. Questo rapporto non è imposto solo con la forza, ma è il risultato di una carenza culturale e strategica nelle società che accettano di vivere esclusivamente di economia. La mancanza di una visione collettiva forte e di una proiezione strategica condivisa priva queste nazioni della capacità di autodeterminarsi, relegandole al ruolo di comparse nella storia globale.

La cultura come motore della leadership

La cultura, intesa come narrazione condivisa e insieme di valori identitari, consente ai popoli di esercitare il comando e la sovranità. Non sono le risorse economiche o territoriali a determinare la capacità di un popolo di governare il proprio destino, ma la forza con cui riesce a immaginarsi e rappresentarsi come soggetto storico. Questo principio si ritrova nella storia di popoli che, pur privi di risorse materiali significative, hanno imposto la propria presenza nel mondo grazie a una cultura forte e coesa.

Un esempio emblematico è offerto dai popoli arabi, che nei momenti di massima espressione culturale e religiosa hanno saputo generare imperi vastissimi, fondati su un’identità comune e sulla volontà di proiettarsi oltre i propri confini. Allo stesso modo, l’Impero Romano o l’Impero Britannico devono la loro forza alla capacità di costruire una narrazione universale e di attrarre altre comunità nel proprio sistema di valori.

Al contrario, quando la cultura di un popolo si appiattisce su un’identità debole o frammentata, l’economia finisce per prendere il sopravvento come unico motore della società. Questo fenomeno è evidente nei paesi occidentali che, pur dotati di immense ricchezze, sembrano incapaci di generare visioni strategiche a lungo termine. Questi paesi rischiano di trasformarsi in “società per azioni”, dove il benessere materiale è il fine ultimo, ma la mancanza di un’identità culturale forte li rende vulnerabili a crisi interne ed esterne.

Leadership e autodeterminazione

La leadership non nasce dal potere economico, ma dalla capacità di un popolo di immaginarsi e progettarsi come attore globale. Una comunità che vive per il “qui e ora”, accontentandosi di un benessere superficiale e riducendo la propria cultura a una somma di consumi, rinuncia alla possibilità di autodeterminarsi. Fabbri sottolinea come questa tendenza sia particolarmente evidente in Europa, dove molti paesi sembrano essersi rassegnati a un ruolo subordinato, accettando una governance esterna in cambio di una stabilità economica effimera.

La domanda fondamentale diventa quindi: chi comanda davvero? Non sono i leader, che rappresentano la volontà collettiva, né l’economia, che è uno strumento e non un fine. A comandare sono i popoli, nella misura in cui riescono a esprimere una cultura forte, direzionale e proiettiva. Una cultura che non si limita a preservare il passato, ma che si rinnova continuamente, rispondendo alle sfide del presente con una visione chiara del futuro.

Il rapporto tra cultura, popoli e leadership evidenzia una verità spesso trascurata: il potere non risiede nelle istituzioni o nell’economia, ma nella capacità di un popolo di immaginarsi come protagonista della storia. Gli imperi si costruiscono sulla cultura e sulla strategia, mentre i clientes vivono di economia e dipendenza.

La scelta tra essere soggetti o oggetti della storia dipende dalla volontà di una comunità di investire nella propria cultura come strumento di autodeterminazione e sovranità.

 

  • Dario Fabbri Geopolitica umana. Capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne. Mondadori, Milano, 2022.