Attrattori culturali nei sistemi complessi: il caso del Salento

Nel contesto della teoria dei sistemi complessi, un attrattore rappresenta uno stato verso cui un sistema tende a convergere, una configurazione finale in cui tutte le sue variabili — economiche, culturali, sociali, infrastrutturali — si riallineano e si trasformano per definire un nuovo equilibrio dinamico. Applicato al sistema territoriale, un attrattore culturale non può essere ridotto a un elemento singolo, come una risorsa turistica o un bene culturale, ma si configura come uno stato emergente in cui ogni componente del sistema contribuisce a una narrativa condivisa e integrata di sviluppo.

Il caso del Salento: “Lu sule, lu mare e lu ientu” e il fallimento della monopolicy

Un esempio significativo di attrattore culturale mal concepito è rappresentato dal caso del Salento, dove per decenni la governance territoriale ha promosso una monopolicy centrata esclusivamente sulla valorizzazione delle risorse ambientali, sintetizzata nella narrativa “lu sule, lu mare e lu ientu”. Questo approccio, per quanto affascinante, si è rivelato limitante, configurandosi come una monocultura politica, in cui ogni potenziale di sviluppo è stato subordinato al turismo e alla creazione di un’immagine di oasi naturale incontaminata. La domanda cruciale è: può un sistema complesso come un territorio intero convergere completamente verso un attrattore così riduttivo? E, soprattutto, può il turismo sostenere da solo l’economia, la cultura e il futuro di un territorio così ricco di diversità e complessità?

Gli errori della monopolicy

La scelta di impostare una governance interamente orientata al turismo e all’ambientalismo romantico rivela non solo una visione semplicistica, ma anche una fragilità strategica. Tale approccio si fonda su un’illusione pericolosa: che una singola narrativa, per quanto forte, possa trascinare con sé tutto il sistema territoriale verso uno stato stabile di sviluppo.

La realtà, però, si presenta in modo ben diverso. L’enfasi esclusiva sul turismo ha portato a una riduzione della complessità culturale del territorio, trascurando la ricchezza delle risorse simboliche locali e relegando altri settori produttivi a un ruolo marginale e poco valorizzato. Questo ha generato un’esclusione sociale ed economica, in particolare per coloro che non riescono a integrare nelle proprie risorse simboliche personali una visione legata al turismo, con il risultato di un crescente esodo e una maggiore frammentazione della comunità. Inoltre, la dipendenza da un modello economico centrato sul turismo espone il sistema a rischi di stagnazione, rendendolo vulnerabile a crisi esterne come i cambiamenti climatici, le fluttuazioni stagionali e le oscillazioni dei flussi turistici internazionali. Infine, le politiche esclusivamente orientate al turismo non hanno favorito lo sviluppo integrato, trascurando il miglioramento delle infrastrutture, dell’educazione e del settore produttivo, lasciando molte parti del territorio isolate dalla narrativa dominante.

 Una governance malata?

Dietro questa scelta politica apparentemente ingenua, si potrebbe leggere una forma di governance patologica, che ambisce a ricondurre l’intero territorio a una visione idilliaca e immobilista di “oasi naturale”, ignorando le esigenze reali della popolazione e le possibilità di sviluppo diversificato. Un approccio del genere non solo è miope, ma anche controproducente, poiché nega al sistema la possibilità di evolvere verso un equilibrio più ricco e sostenibile. In altre parole è causa di emigrazione di interi ceti sociali non allineati alla monocultura.

Scollamento e rischio di collasso

Nella teoria dei sistemi complessi, il passaggio verso un attrattore richiede che tutte le variabili del sistema si trasformino in modo coerente. Nel caso del Salento, questo allineamento non si è verificato. Mentre una parte del sistema (il settore turistico) si è orientata verso l’attrattore, altre componenti — come l’istruzione, l’agricoltura, l’artigianato e le infrastrutture — sono rimaste statiche o disallineate.

Questo processo ha portato a un evidente scollamento interno, manifestandosi in diverse criticità. Da un lato, emergono resistenze al cambiamento: settori e comunità esclusi dalla narrativa dominante rimangono distanti e disconnessi dal processo di transizione. Dall’altro, si osserva una stagnazione sistemica, con il territorio bloccato in uno stato intermedio incapace di evolvere verso un equilibrio stabile o di promuovere innovazioni strutturali. A questo si aggiunge una fragilità strutturale, determinata dalla scarsa diversificazione economica e culturale, che rende il sistema vulnerabile a shock esterni. Questa fragilità contribuisce al declino demografico e sociale, mentre altri territori, più dinamici, attraggono il capitale umano in cerca di prospettive di vita alternative, aggravando il depauperamento locale.

 Il ruolo della governance: progettare un attrattore complesso

Per evitare il collasso e guidare un sistema territoriale verso uno stato stabile, la governance deve abbandonare la logica della monopolicy e adottare un approccio sistemico. Un attrattore culturale sostenibile non può essere ridotto a una sola narrativa, ma deve essere progettato come uno stato complesso, in cui tutte le componenti del sistema evolvano in modo coordinato.

Questo richiede un cambio di paradigma, che parta dalla promozione di una pluralità narrativa. È fondamentale superare la visione monocentrica sintetizzata nella retorica di “lu sule, lu mare e lu ientu” e abbracciare una narrazione che includa cultura, innovazione, tradizioni produttive e sostenibilità. Al centro di questo approccio vi è l’integrazione delle risorse simboliche, che valorizzi la diversità culturale e produttiva del territorio, creando un equilibrio dinamico tra turismo, agricoltura, sviluppo industriale e industria creativa.

Parallelamente, è essenziale investire nello sviluppo infrastrutturale, potenziando sia le infrastrutture materiali sia quelle immateriali, affinché tutte le componenti del sistema territoriale possano crescere in modo armonioso. A sostegno di queste trasformazioni, occorre promuovere una governance inclusiva, in cui le comunità locali siano pienamente coinvolte nel processo decisionale, garantendo così una partecipazione attiva e un autentico radicamento delle politiche territoriali.

Il caso del Salento dimostra che una monopolicy basata su una narrativa riduttiva, per quanto accattivante, non può sostenere un sistema complesso come un territorio. Perché un sistema territoriale possa evolvere verso un attrattore stabile, è necessario un approccio sistemico, in cui tutte le sue variabili siano armonizzate e integrate in una visione di sviluppo condivisa. Una governance capace di progettare un attrattore complesso, valorizzando la pluralità delle risorse simboliche e investendo in una narrativa inclusiva e diversificata, rappresenta l’unica via per garantire al territorio salentino un futuro sostenibile, resiliente e ricco di opportunità per tutti i suoi abitanti.