Cultura e Governance
Cultura, dal latino colere, significa “coltivare” o “prendersi cura”. Originariamente riferita alla coltivazione della terra, l’accezione del termine si è evoluta fino a indicare la “coltivazione dell’anima” e dello spirito, arrivando a rappresentare l’insieme di pratiche, credenze e valori che caratterizzano una società.
Dal punto di vista antropologico, Edward Tylor, nel 1871, propose una delle prime definizioni sistematiche, descrivendo la cultura come “quell’insieme complesso che include conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costumi e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società”. Questa concezione enfatizza la natura sociale e acquisita della cultura, sottolineandone la vastità e l’inclusività. Tylor aprì la strada a uno studio più ampio della cultura, considerandola un insieme organico che definisce l’identità collettiva.
In ambito sociologico, Clifford Geertz, nel 1973, introdusse un’interpretazione simbolica della cultura, definendola come “un sistema di simboli e significati condivisi che guida il comportamento umano”². Questa visione sposta l’attenzione dai soli aspetti materiali della cultura alle pratiche e ai significati che strutturano la vita sociale. La cultura, per Geertz, non è un’entità materiale ma un insieme di pratiche che creano coerenza simbolica, rendendo possibile la comprensione dei sistemi di valori.
Karl Marx, nella sua prospettiva storico-materialista, inquadrò invece la cultura come sovrastruttura derivata dalla base economica³. Secondo Marx, la cultura rifletteva i rapporti di produzione e le strutture economiche dominanti, fungendo da strumento per consolidare i rapporti di potere. Questa visione suggerisce che i cambiamenti culturali siano strettamente legati alle trasformazioni economiche e politiche.
Un’altra prospettiva significativa è quella psicosociale di Carl Jung, che vedeva la cultura come un’espressione collettiva dell’inconscio umano. Jung sosteneva che miti, simboli e archetipi riflettono le dinamiche interne dell’individuo e collettivamente plasmino l’identità culturale⁴. Questa prospettiva attribuisce un ruolo fondamentale alla psicologia nella comprensione della cultura.
Le definizioni moderne e interdisciplinari ampliano ulteriormente l’orizzonte interpretativo della cultura. L’UNESCO, nel 1982, ha fornito una definizione inclusiva che descrive la cultura come “il complesso di tratti spirituali, materiali, intellettuali ed emotivi distintivi di una società o gruppo sociale”⁵. Questa formulazione integra elementi materiali e immateriali, riconoscendo la cultura come un patrimonio collettivo che abbraccia diversità e identità specifiche.
Sul piano cognitivo, la cultura viene spesso descritta come il risultato delle conoscenze accumulate che consentono a un gruppo umano di adattarsi e trasformare il proprio ambiente. Questa prospettiva sottolinea il ruolo dell’apprendimento e della trasmissione di informazioni nell’evoluzione tecnologica e culturale.
Infine, Pierre Bourdieu ha posto l’accento sulla dimensione pratica della cultura, definendola come “un insieme di pratiche che generano e riproducono il capitale sociale e simbolico”⁶. Secondo Bourdieu, la cultura non è semplicemente un insieme di credenze, ma una struttura operativa che si manifesta attraverso abitudini e modelli di comportamento ripetuti.
¹ Edward Tylor, Primitive Culture, 1871.
² Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures, 1973.
³ Karl Marx, A Contribution to the Critique of Political Economy, 1859.
⁴ Carl Jung, The Archetypes and the Collective Unconscious, 1959.
⁵ UNESCO, Mexico City Declaration on Cultural Policies, 1982.
⁶ Pierre Bourdieu, Outline of a Theory of Practice, 1977.
Definizione Operativa
Per scopi applicativi, emerge l’utilità di una definizione operativa di cultura. Tale definizione può essere formulata come “un insieme dinamico di conoscenze, credenze, valori, norme, simboli e pratiche che un gruppo sociale condivide e trasmette attraverso processi di apprendimento e adattamento, influenzando i comportamenti e le relazioni all’interno del gruppo e con l’ambiente”.
Questa definizione non solo consente di analizzare concetti complessi, ma si rivela particolarmente utile per progettare interventi culturali, studiare fenomeni sociali e comprendere i cambiamenti nelle interazioni tra tecnologia e cultura.
La definizione operativa di cultura è emersa come risposta alla necessità di analizzare e gestire fenomeni culturali in contesti pratici. Essa integra prospettive teoriche e strumenti metodologici per rendere il concetto di cultura utilizzabile nei settori della sociologia, della gestione organizzativa, delle politiche culturali e della psicologia sociale. Malinowski, Schein, Hofstede e l’UNESCO hanno contribuito alla formalizzazione di questo approccio, offrendo strumenti per comprendere i fenomeni culturali in maniera dinamica e contestualizzata.
La definizione operativa della cultura evidenzia la sua natura dinamica e contestualizzata, sottolineando come essa evolva nel tempo attraverso interazioni sociali e sia modellata da fattori storici, geografici ed economici. Si concentra su elementi tangibili e osservabili, come comportamenti, simboli, norme e valori condivisi, e include la trasmissione sociale e l’adattabilità ai cambiamenti.
Questa concezione consente di progettare interventi culturali, analizzare fenomeni sociali e comprendere i processi di cambiamento, collegando simbolicamente cultura e governance dei sistemi socio-tecnici. In ambito pratico, essa incide su aree come il policy-making, rispettoso delle specificità locali, la gestione della cultura organizzativa, la ricerca sociologica su cambiamenti culturali e globalizzazione, e l’adattamento tecnologico, valutando l’impatto delle innovazioni come l’intelligenza artificiale.
Cultura come sistema dinamico
La cultura è un sistema complesso e dinamico, in continua evoluzione, che include sia aspetti tangibili, come artefatti, strumenti, architettura e tecnologie, rappresentativi dei valori e delle competenze di una società, sia aspetti intangibili, come credenze, valori, norme morali, tradizioni e significati simbolici condivisi.
Cultura e comportamento umano
La cultura opera come una “lente” attraverso cui gli individui interpretano il mondo, influenzando le percezioni, poiché persone di culture diverse possono comprendere lo stesso evento in modi differenti. Essa condiziona le azioni, stabilendo cosa è considerato appropriato in un dato contesto, e contribuisce a creare identità collettive, offrendo un senso di appartenenza a gruppi sociali, etnici, religiosi o nazionali.
Adattamento e mutamento culturale
Un altro elemento chiave della definizione operativa di cultura è la sua capacità di adattarsi e trasformarsi. Questo può avvenire:
- Attraverso l’innovazione interna: Sviluppo di nuove idee o pratiche all’interno di un gruppo.
- Attraverso l’interazione con altre culture: Fenomeni come globalizzazione, migrazione e scambi culturali influenzano profondamente la cultura locale.
- Attraverso conflitti o crisi: Cambiamenti repentini possono ridefinire valori e norme.
La definizione operativa di cultura offre una prospettiva che si discosta da una visione parziale, spesso intrisa di nostalgia e di un certo umanesimo statico, che riduce la cultura a una collezione di opere d’arte, oggetti di antiquariato o testimonianze storiche da ammirare Questa nuova impostazione consente di comprendere la cultura come un sistema dinamico e complesso, che vive principalmente nella mente e nelle interazioni delle persone, piuttosto che nei luoghi della conservazione o della rappresentazione estetica.
In questa accezione, la cultura non è confinata agli spazi museali o ai manufatti storici, ma si configura come un insieme di conoscenze, valori, simboli e pratiche che emergono e si evolvono attraverso i processi di apprendimento e di adattamento delle comunità umane. La cultura, così intesa, è il tessuto connettivo che orienta le azioni collettive, organizza le dinamiche sociali e guida il cambiamento nei sistemi complessi.
La definizione operativa, inoltre, permette di analizzare la cultura non come un atteggiamento elitario o affettato verso il patrimonio artistico, ma come un fenomeno vivo e dinamico che si sviluppa continuamente, influenzando e plasmando i sistemi di governance e le transizioni tra stati dei sistemi sociali. In questa prospettiva, la cultura diventa il risultato e il motore di processi di interazione complessi, in grado di rispondere alle emergenze e alle trasformazioni, agendo come un sistema di retroazione che modella la società e, allo stesso tempo, ne è modellato.
Dunque, parlare di cultura non significa semplicemente celebrare il passato attraverso la contemplazione di opere d’arte, ma riconoscere un meccanismo dinamico e adattativo che sta alla base delle relazioni umane e delle loro capacità di affrontare le sfide del presente. Con questa visione, la cultura diventa il cuore pulsante della società, una forza propulsiva che trascende la sua rappresentazione materiale per incarnare il pensiero, l’apprendimento e l’evoluzione collettiva.
Questa prospettiva distanzia nettamente la cultura da una concezione puramente rappresentativa, elitaria e autoreferenziale, per abbracciare una visione in cui essa diventa motore di innovazione, coesione e trasformazione. La cultura, dunque, non appartiene ai salotti o ai musei, ma alle interazioni quotidiane, alle dinamiche collettive e ai processi di adattamento che permettono alle comunità di affrontare il presente e di progettare il futuro. La cultura come patrimonio vivo e condiviso, il cui valore risiede nella sua capacità di generare significato, di costruire connessioni e di favorire il cambiamento e il benessere sociale.